1° dicembre 2019

"Every complex problem has a solution which is simple, direct, plausible - and wrong." con le sue varianti, tutte comunque appropriate.

È più che probabile che i veneziani il 1° dicembre sceglieranno la soluzione semplice, diretta, ragionevole e sbagliata a tutti i loro problemi, votando sì al referendum sulla separazione di Mestre da Venezia

Lasciamo perdere cazzate campanilistiche su veneziani e campagnoli, sull'identità mestrina e anche le disinformazioni sul fatto che con la separazione i veneziani/mestrini (a seconda dell'identificazione del parlante) sarebbero più ricchi e meglio governati.

Assumiamo come prezzo sostenibile anche l'ovvia considerazione che due amministrazioni sono più di una e che nulla garantisce un miglioramento dei servizi, specie tra coloro che dopo dovranno barcamenarsi tra due diverse burocrazie.

I presupposti seri di questa proposta mi sembrano sostanzialmente questi:

Io temo seriamente tuttavia la Venezia che rimarrà dopo il referendum: una cittadina di modeste dimensioni, priva di un territorio, con un futuro demografico di decrescita e una monocultura economica di tipo turistico, i cui profitti vanno in larghissima parte a privati e società spesso straniere o comunque non veneziane.

Il più grave difetto di questo quesito referendario è di non essere accompagnato da nessuna proposta realistica per il futuro, da nessuna idea di cittagrave;. Non sappiamo nulla di fatto su chi e come amministrerà Venezia. Non si sa come verrà risolto il problema demografico e da chi, se dal sindaco, da una commissione di scienziati internazionali o da un sopritendente. La cosa più probabile è che le cose andranno come al solito ma più in fretta. Venezia resterà sempre ma non come città viva, non come tessuto sociale e relazione di persone, ma solo come guscio vuoto, circondato dal circo di chi già oggi se ne arricchisce, dai grandi capitali ai piccoli commercianti di cianfrusaglie, dai grandi evasori ai piccoli furbetti.

Con l'aqua granda del 12 novembre la decisione sarà presa sull'onda dell'emotività. E sarà il quarto picco di marea che in meno di un mese segnerà in maniera irreversibile il destino della città.

1° dicembre 2019

Post fiume: perché, da veneziano “d’acqua” voterò NO (o non voterò, valuterò la scelta più utile al risultato) alla separazione del Comune di Venezia, confermando quanto votai nel 2003, l'unica altra volta che fui chiamato ad esprimermi sul tema.

-C'è un vento politico che punta alla semplificazione, al rinchiudersi in recinti identitari e gruppi compatti, che spiega che “piccolo è bello” e che “chi fa da sé fa per tre”. Io non sono d'accordo con questa tendenza generale. Credo che il mondo sia complesso e necessiti di strumenti di integrazione più che di separazione. Vale per l'Europa, vale per le regioni, vale per i comuni. Invece il dibattito è, anche qui, caratterizzato da una contesa retorica sulla difesa del fortino, di veneziani contro mestrini, di isolani contro terrafermieri, “a noialtri la nostra aqua, a lori la loro tera”. Quindi i problemi di una buona amministrazione non dipenderebbero dalla qualità degli amministratori che eleggiamo, ma dal fatto che ci sono “gli altri” che ci fregano: i mestrini per i veneziani, i veneziani per i mestrini, in modo assolutamente speculare. E' una tendenza che non ci tengo ad avallare.

Più nello specifico ci sono però anche altre ragioni, meno ideali e più pratiche:

-Una ragione storico-urbanistica. Tutte le città si sono espanse oltre le proprie mura, inglobando i centri vicini. Questo è accaduto anche a Venezia. Poiché le mura di Venezia erano la laguna, la città non ha potuto che espandersi in terraferma, ma il processo è assolutamente analogo. Oggi Venezia è una città complessa, con il suo centro storico, le sue aree di espansione residenziale, le sue aree industriali e produttive, le spiagge... Certamente i problemi delle isole sono diversi da quelli della terraferma, ma anche, che ne so, a Verona, i problemi di Piazza Erbe sono diversi da quelli di Borgo Roma (per non parlare di Roma, Milano o delle grandi metropoli straniere, che contano diversi milioni di abitanti, ma hanno un solo sindaco). Tuttavia Venezia mi risulta sia l'unico comune che discute periodicamente se separarsi.

-L'interconnessione tra le diverse aree del Comune di Venezia è evidente in particolare per quanto riguarda il turismo: Mestre oggi ha più presenze turistiche di Verona. Una politica sui flussi turistici non può che essere unitaria. Per esempio, tutti i turisti che affollano i nuovi mega-alberghi in zona stazione a Mestre non pagheranno più la tassa di soggiorno al comune di Venezia (unitario) ma a quello di Mestre. Venezia (insulare) avrà solo i costi delle masse che si riverseranno in città, non avendo il comune di Mestre alcun interesse a limitare i flussi, anzi! Al contempo difficilmente un Comune di Venezia (insulare), controllato dalle uniche categorie economiche che ormai pesano in città (ossia quelle legate al turismo), avrà interesse a limitare i flussi, dovendo dette categorie essere competitive con le strutture di Mestre (ecco la mitica “competitività”!). Le politiche sul turismo devono essere gestite unitariamente e in maniera bilanciata tra i vari interessi.

-La laguna non deve essere intesa come elemento di separazione tra le due realtà ma di unità. La laguna non è un muro, appunto, ma un elemento vivo. Davvero pensiamo che le questioni riguardanti le navi, la collocazione del porto, le bonifiche di Marghera, possano essere decise in maniera più efficiente con l'apporto di due amministrazioni comunali separate, magari di colore politico diverso e “in guerra” tra loro? E' vero che sulla laguna si incrociano competenze di vario livello e molto sfugge alla competenza comunale, ed è vero che ci sono già organi di coordinamento sovracomunale, in particolare il Comitatone. Ma considerando il “peso” politico di un comune di 260.000 abitanti versus un comune di 80,000, siamo sicuri che la frammentazione, anche all'interno del comitatone, migliorerà l'efficienza del sistema? E se già servono organismi di coordinamento sovracomunale, ha senso separare ulteriormente?

-Anche la questione del peso politico è evidente: nello scacchiere politico nazionale e regionale, ha più peso un comune di 260,000 abitanti o un comune grande come Treviso? Con la retorica della “grande storia” della Serenissima non ci facciamo proprio nulla. Il Comune di Venezia politicamente “peserà” come il Comune di Treviso, peraltro avendo vicino un “gigante” come il Comune di Mestre, su cui necessariamente si sposterà il baricentro politico della provincia/città metropolitana. Sarebbe un caso unico in Italia di un comune capoluogo così tanto più piccolo di un altro comune della medesima provincia, peraltro adiacente. (Ci sono alcuni casi di comuni non capoluogo più grandi dei capoluoghi della rispettiva provincia, ma al massimo la differenza è di 10 mila abitanti: Sanremo rispetto ad Imperia, Marsala a Trapani, Gela a Caltanissetta...).

-La separazione farebbe perdere autonomia, a ben vedere, anziché guadagnarne. Si parla di Venezia e Mestre, ma sono completamente esclusi dal dibattito gli altri territori. Il Lido, Pellestrina, Marghera, Favaro, Zelarino... questi territori hanno specificità rispetto a Venezia e Mestre. La separazione del comune cancellerebbe le Municipalità, che, al contrario, ci sarebbe bisogno di rilanciare: avevano le loro funzioni che sono state svuotate già a partire dalla giunta Orsoni, ma con il colpo definitivo dato da Brugnaro, che non poteva tollerare che 5 su 6 fossero guidate dall'opposizione. Invece rilanciamole appunto, dando funzioni chiare! è ridicolo che sia Ca' Farsetti a concedere una sala per un'assemblea o a decidere quale strada vada asfaltata, quando ci sono organismi di livello inferiore che possono decidere con maggior contezza. Con un paragone po' azzardato e una terminologia impropria, diciamo che sarei favorevole al “federalismo” entro il Comune piuttosto che alla “secessione” del Comune. La separazione del Comune cancellerà invece ogni riconoscimento delle specificità delle odierne municipalità, a partire dal “mio” Lido, che ha evidentemente problemi diversi da Mestre, ma anche da quelli del centro storico veneziano.

-La questione delle municipalità si incrocia con quella della Città Metropolitana. La riforma che ha introdotto le aree metropolitane è stata assolutamente insufficiente. Farla ricalcando i confini delle province (non solo a Venezia) e non considerando le aree metropolitane reali, ossia urbanisticamente coese ed interconnesse, è stata un'assurdità (e infatti alcune regioni autonome hanno proceduto diversamente. Si pensi per esempio a Cagliari). Ma proprio perché ci sarebbe bisogno di una città metropolitana, cosa che l'attuale città metropolitana/provincia urbanisticamente nei fatti non è, trovo ancor meno praticabile la separazione del comune. Mi spiego meglio: se la città metropolitana come ente funzionasse (fosse una “città”, ossia un'area urbana connessa, e, in quanto ente, fosse eletta direttamente) avrebbe anche senso separare il comune, magari anche nelle sei muncipalità e non solo nelle due macroaree acqua/terra. Questo perché appunto le funzioni utili da gestire in maniera unitaria sarebbero, in base al principio di sussidiarietà, gestite dal livello della città metropolitana. Poiché questo non è, ha senso mantenere il comune unito in quanto area metropolitana reale ed espressione del voto dei cittadini e, piuttosto, tornare a discutere di Municipalità come strumento di autonomia e di gestione della complessità.

-”Mestre autonoma, Venezia a Statuto Speciale”: quello dello statuto speciale è un argomento molto gettonato. Ma è un argomento che non esiste, in quanto non esiste, nell'ordinamento italiano, la figura del Comune a Statuto Speciale. Ci sono le regioni a statuto speciale, le due province autonome e l'ordinamento di Roma Capitale. Per dare uno statuto speciale a Venezia (e solo a Venezia) ci vorrebbe una riforma costituzionale, quindi bisognerebbe convincere deputati e senatori di Firenze, di Torino, di Bari, di Canicattì, che Venezia è talmente “diversa” da tutte le altre città da avere -sola!- diritto ad uno statuto speciale (poi sarebbe da capire quali contenuti dovrebbe avere un tale statuto). Peraltro già è difficilissimo questo per un comune di 260.000 abitanti, figuriamoci per uno di 80 mila (Roma, che appunto ha uno specifico ordinamento, ha 2.850.000 abitanti! 11 regioni su 20 hanno meno abitanti del Comune di Roma!). Non avrebbe più senso, anche in virtù della forza demografica dell'undicesimo comune d'Italia, invece di adagiarsi sulla nostra specificità e sulla nostra nobile storia, cercar sinergie con città con problemi simili (penso per esempio a Firenze, che ha problemi di spopolamento del centro storico accostabili a quelli di Venezia) per cercar soluzioni assieme? Peraltro Venezia ha già una sorta di “specialità”, riconosciuta con la Legge Speciale. I finanziamenti sono però finiti nel Mose... Non è colpa di Mestre, è colpa di chi con quella orrenda speculazione ha lucrato!

-Controversie patrimoniali: la separazione del piccolo comune di Cavallino-Treporti ha portato a una controversia ventennale sulla divisione patrimoniale tra i due comuni. Pensiamo solo a che partita si aprirà con la separazione di Venezia e di Mestre...

-Da diversi di sinistra o centrosinistra sento sostenere la separazione perché ormai la terraferma è in mano alla destra e che a Venezia Brugnaro non avrebbe vinto. A parte il fatto che i sindaci cambiano perché fortunatamente si vota ogni 5 anni, e quindi votare “sì” per liberarsi di Brugnaro mi pare un argomento che dir debole è poco, invito a guardare i dati: Brugnaro alle ultime comunali ha avuto la maggioranza sia nel territorio dell'ipotetico futuro comune di Mestre, sia in quello di Venezia insulare.

-L'unico elemento che comprendo come potenzialmente vantaggioso della separazione, è la maggior vicinanza eletto/elettore. I Veneziani “d'acqua” decideranno per Venezia, quelli “di terraferma” per Mestre. Può essere che questo migliori l'amministrazione, anche se, sinceramente, ci possono essere pessimi amministratori del centro storico e ottimi amministratori della terraferma (o viceversa). La provenienza geografica non è garanzia di qualità! Peraltro non vedo perché un consigliere eletto a Zelarino, che non sia particolarmente miope, non possa aver a cuore i problemi di San Marco, a meno che non si entri in una dinamica “noi contro loro” che reputo, come ho detto in premessa, fasulla e deleteria. Il Consiglio Comunale è il luogo in cui si discute e ci si incontra nella diversità politica e territoriale (per inciso: maledetta la figura del sindaco-monarca!). Faccio un esempio: l'ultima volta che il mio partito ha eletto un suo esponente in consiglio comunale, il consigliere non era del Lido, ma mi sentivo assolutamente rappresentato da lui, che condivideva la mia idea politica e di città, piuttosto che dai consiglieri comunali lidensi, che erano sì miei co-isolani, ma su posizioni politiche diametralmente opposte alle mie. Il voto è primariamente politico, non territoriale!

In sintesi, non capisco perché dovrei votare per istituire un comune di Venezia, grande come Treviso, che sarebbe il quinto o sesto per popolazione della Regione, che di fatto diventerebbe il secondo comune in Provincia di Mestre e che non avrebbe più alcuna voce in capitolo su quanto accade oltre il Ponte della Libertà, come se ciò che lì accade non influisse sulla vita cittadina, perdendo inoltre (lo dico da lidense) anche la municipalità del Lido e di Pellestrina. Però... “i campagnoi restaria in campagna!”... Un po' poco. Ragioniamo di specializzazione di funzioni attraverso lo strumento delle municipalità e il principio di sussidiarietà e ragioniamo in sinergia con le altre città per affrontare i problemi simili delle città storiche, quali per esempio la monocultura turistica e lo spopolamento dei centri. Questo lo possiamo fare meglio con un comune grande, rappresentativo e “politicamente pesante”.